28 agosto 2010

KAMIKAZE DA SERIE A


Il primo fu Kazu Miura e non fu un successo. Poi vennero Nakata e Nakamura e fu decisamente un'altra storia. In mezzo un manipolo di (presunti) samurai che non hanno lasciato traccia. La storia dei calciatori del Sol Levante in serie A comincia nell'estate del 1994 quando il Genoa decise di ingaggiare Kazuyoshi Miura. Per la prima volta un giocatore giapponese giocherà in una squadra europea. Media e sponsor si scatenano, molti, scettici, storcono il naso: «E' solo un'operazione commerciale». Non avranno torto. Kazu, (sopra)nomen omen, a Marassi dura poco. Ventuno presenze e una sola rete, pesantissima però, perché segnata alla Sampdoria nel derby. Il Grifone retrocederà ma quel gol ancora oggi è motivo di sfottò. Miura, che a 43 anni suonati gioca ancora, a suo modo è un pioniere. Dopo di lui i giocatori con gli occhi a mandorla non saranno più una stranezza per il mondo del calcio. 


Soprattutto dopo l'avvento del più forte di tutti: Hidetoshi Nakata. Lo porta in Italia, a Perugia, il vulcanico Luciano Gaucci. Altra operazione commerciale si mormora. La storia dirà ben altro. In Umbria 'Hide' colleziona 47 presenze e 12 gol. E' un giocatore vero che segna e fa segnare. E che ha mercato. Lo prende la Roma che proprio a lui deve una buona fetta dello scudetto del 2001. A Torino, nel match decisivo con la Juventus, i giallorossi sono sotto di due gol, Totti non ne azzecca una che fosse una. Capello non si fa scrupoli e manda in campo 'Hide' che prima segna con una sassata da fuori area poi con un'altra sventola propizia il pari, in pieno recupero, di Montella. Dopo quella sera per i romanisti Nakata è lo Shogun. Giocherà anche con Parma (dove vince la Coppa Italia) Bologna e Fiorentina prima di dare l'addio al calcio a soli 29 anni. Molti dopo il ritiro si riciclano commentatori e dirigenti, lui no. Si mette lo zaino in spalla e comincia a girare il globo: «Volevo conoscere il nostro pianeta da una prospettiva diversa – spiegò – finora del mondo ho visto solo alberghi e campi di calcio». Saggezza orientale. 


Non male andò Shunsuke Nakamura, specialista in punizioni, 81 presenze e 11 gol in A con la maglia della Reggina. Passato al Celtic a lui toccò l'onore di essere il primo giapponese a segnare in Champions League. A Old Trafford, contro il Manchester United. Mica male. Dopo di loro il nulla, o quasi. Zamparini a Venezia ci provò con tale Nanami ma fu un fiasco, Oguro fu l'ennesimo straniero pacco del malinconico Toro di questo decennio mentre il Messina prima di implodere dai debiti provò i quasi omonimi Ogasawara e Yanagisawa (per lui anche un'esperienza alla Samp). Due gol in quattro. Pochino. A dare una nuova alba a un Sol Levante sempre più pallido ci ha pensato un giovanotto irriverente, un kamikaze verrebbe da dire, Takayuki Morimoto. Lo compra il Catania e lui all'esordio assoluto va in gol. Non segna a raffica ma la butta dentro spesso e volentieri. I tifosi etnei lo adottano, lo ribattezzano "Maremoto" e lui si fa voler bene, mette la sua firma nello storico 4-0 contro il Palermo e continua a segnare, vittima preferita la Roma. E ha solo 22 anni. Da quest'anno non è più l'unico samurai della serie A. Lo ha raggiunto Yuto Nagatomo, difensore, neoacquisto del Cesena. Dovrà stare attento e darsi da fare altrimenti...sayonara!

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