28 ottobre 2012

TUTTI I SANTI GIORNI

Non tutte le ciambelle riescono col buco. Capita a tutti, anche ai migliori. Virzì compreso. Il film comunque nel complesso non è male. Ben fatto, scorre agile. I personaggi sono convincenti e i due giovani protagonisti se la cavano bene. 

Però il film, nella sostanza, non decolla e non entusiasma. Colpa soprattutto della tematica della coppia precaria e/o con problemi di infertilità. Un tema trito e ritrito nonché anche un po' palloso che annoia fin da subito. 

Roba da Fabio Volo, Stefania Rocca e Fausto Brizzi per capirci. 


Voto 6, più di stima che altro.



La canzone dei Virginiana che dà il titolo al film però è bellissima. E anche il libro del buon Simone Lenzi probabilmente è di gran lunga superiore al film.

4 ottobre 2012

"MORIRO' PARLANDO DEL GENOA"

Il Professore manca al Vecchio Balordo e manca a un mondo del calcio sempre più anonimo, sempre più in balia di papponi e mercenari. Sette anni fa se ne andava Franco Scoglio. Mantenendo la sua ultima promessa: "Morirò parlando del Genoa".  Vorrei ricordarlo con questo bel pezzo che Roberto Perrone scrisse sul Corriere all'indomani della sua scomparsa.



La leggenda del Professore nato povero che teorizzava la ribellione dei giocatori

Se n'è andato perché stava parlando del Genoa e questo lo aveva distratto. Con un' altra squadra di mezzo si sarebbe accorto della morte in agguato e le avrebbe messo su uno sbarramento dialettico dei suoi. Comunque è morto alla sua maniera, sulla breccia, in tv. E soprattutto è morto nella sua città. Alle Eolie c' è nato, ma se ghe pensu, niente per lui è stato come Zena (e il Zena). Però è morto e per chi l' ha conosciuto e rispettato, al di là dei suoi limiti e dei suoi difetti, perché l' amicizia è fatta per superarli, ora c' è un vuoto. Di parole, di calcio, di vita.


Francesco Scoglio di Lipari, 2 maggio 1941, diceva di essere cresciuto poverissimo, «a pane e cipolle». «Dormivo su un letto di pietra pomice con sopra la paglia». Coi soldi era sempre stato attento. Ai tempi del suo primo Genoa, nel 1988-89, circolava la leggenda che dormisse in macchina per intascarsi i soldi dell' albergo che gli pagava la società. Balle. Però è vero che aveva una Fiesta scassatissima e una volta rischiò la pelle sulla A12. Aldo Spinelli gli regalò un' auto più grande e sicura. La verità è che le leggende nascono solo sui grandi personaggi.


Professore di educazione fisica con una laurea in Magistero, Franco Scoglio era un allenatore di lotta e non di governo. Uno che ha dato sempre il meglio, almeno da quando è salito alla ribalta del grande calcio, nel 1986, con il Messina, quando il gioco si faceva complicato, difficile, pericoloso. Quando non c' era più nulla da perdere. Il perché lo spiegò un giorno la sua ex moglie, la tedesca Brigitte. «Mio marito ha il terrore della sconfitta: non gioca neanche più a carte con i suoi figli». Così il Professore era eccezionale quando doveva rimettere insieme i cocci di una squadra allo sbando, meno quando doveva gestire un lungo periodo. Per il Genoa sull' orlo della serie C, nel 2001, abbandonò la Tunisia (è stato anche in Libia e stava per tornare in Africa, continente che amava) con cui aveva conquistato la qualificazione ai Mondiali. Lo salvò alla grande. Poi, però, si fermò anche il campionato successivo. Errore. Partì fortissimo e poi s' inabissò. Teorizzava la ribellione dei giocatori e spesso non si presentava agli allenamenti: «Ci vanno i miei collaboratori. I calciatori devono avere la libertà di criticarmi».


Era generoso. A chi stimava conferiva il titolo di «dolcissimo». Era disponibile con tutti e nell' ultima telefonata, a proposito del suo ruolo di opinionista per Al Jazira, era triste per alcuni articoli malevoli. 


Non era un ciarlatano. Studiava il calcio come pochi. E quando sosteneva che «prima o poi l' Inter avrà bisogno di Scoglio», non era una fesseria. Perché Genoa e Inter si assomigliano, a livelli diversi. Tutte e due hanno un grande avvenire dietro le spalle. Tutte e due hanno bisogno di scosse. I suoi detrattori elencano i suoi esoneri, i suoi innumerevoli campionati non terminati. Però si dimenticano che a Messina, a metà degli anni Ottanta, era stato uno dei primi tecnici a usare il computer. Ha avuto meno successo di quello che avrebbe potuto raggiungere. Limiti interni, ma anche esterni. Trovò una meravigliosa sintesi per spiegare le cadute: «Mi ha rovinato Berlusconi». Voleva dire che, nel rutilante calcio degli anni Novanta, l' ansia del risultato escludeva la pazienza, la possibilità di programmare, decretando un' accelerazione degli aspetti deteriori del football: l' ansia di successo, l' aumento di costi e stipendi, la fuga dalla realtà.


Scoglio era un fautore dello slow-thinking. Pensa con lentezza. Il presidente che l' ha amato di più è stato Aldo Spinelli. Arrivò a richiamarlo per allegria. «È vero, con Bagnoli abbiamo avuto grandi risultati, ma io non mi sono divertito con nessuno come con Scoglio». La morte se l' è portato via in diretta, sorprendendolo mentre diceva: «Sono un tifoso del Genoa». Se n' è andato, ma tutto si potrà dire, tranne che sia stata una morte ad minchiam.

Sullo scaffale...