30 maggio 2008

SORRENTINO, ANDREOTTI E IL TORMENTO MORO

Dopo mesi di pigrizia cinematografica torno a vedere un film di un certo spessore. Merito dei miei compagni cinefili della Scuola e di Paolo Sorrentino che con questo film ha sbancato Cannes. Ma soprattutto è riuscito a far saltare il leggendario self-control nientepopòdimenoche a Giulio Andreotti. Il Grande Gobbo. Il cinema Anteo di Milano è un delizioso spazio dove le sale sono accompagnate da una libreria a tema, un ristorante e un bar. Certo la sua collocazione in una delle zone più da "bere" di Milano ( è nei pressi di Corso Como) lo rende preda di una fauna non proprio raccomandabile. La biglietteria è presa d'assalto ma grazie ai movimenti scaltri di un nostro compare siculo evitiamo la beffa. La sala è piccola e veniamo sbalzati in seconda fila. Il collo dopo un po' accusa ma tutto sommato non mi lamento.


Comincia. Chi si aspetta un film d'assalto, un reporter movie, è destinato a rimanere deluso.
Sorrentino ci racconta sì le vicissitudini giudiziarie e politiche di Andreotti ma solo per poter entrare dentro la sua personalità, capire cosa si celi dietro la sua proverbiale indecifrabilità. I suoi valori (?), il suo rapporto con il concetto di verità. La teoria che sostiene di come per fare il Bene sia necessario il Male. E un fantasma. Aldo Moro. Lo tormenta, lo perseguita, non lo lascia dormire. Un film che si presta a sconfinate interpretazioni grazie alle citazioni e che delizia lo spettatore raffinato con inquadrature ad effetto. Un plauso infine alla colonna sonora, splendida per la combinazione fra musiche originali ed evergreen dell'Italia democristiana (davvero i migliori anni della nostra vita?) e ai truccatori, davvero eccezionali. Totò Riina, ridicolizzato e non ho ancora capito bene il perché, sembrava davvero lui.

Sullo scaffale...