7 dicembre 2010

BENVENUTI DOVE IL RUGBY E' DIVERTIMENTO

Recentemente ho avuto la fortuna di intervistare Tommaso Benvenuti, talento emergente della palla ovale azzurra. Umile, semplice e schivo il buon Tommaso è probabilmente l'antitesi assoluta dell'immagine dello sportivo richiesta oggi dai media. Forse è per questo motivo che il rugby deve sgomitare per trovare spazio in tv e sulla stampa. Anche se probabilmente è proprio questa assenza a mantenerlo così genuino.


Passione, umiltà e semplicità. Basterebbero queste tre parole per descrivere Tommaso Benvenuti, centro del Benetton Treviso e della Nazionale italiana di rugby. Una maglia azzurra conquistata proprio in occasione dei tre test match contro Argentina, Australia e Fiji di queste ultime settimane. A soli 19 anni Benvenuti, checché ne dica il diretto interessato, è sicuramente l'uomo nuovo della palla ovale nostrana, la grande promessa su cui sono riposte molte delle speranze del rugby azzurro del futuro. Nato nella Marca e cresciuto nel vivaio dei Leoni questo ragazzone ha fatto subito vedere di che pasta è fatto in Celtic League ma soprattutto in Heineken Cup dove si è tolto lo sfizio di siglare 23 punti in due partite toccando perfino la vetta della classifica metamen. Un avvio di stagione esaltante, suggellato dalla convocazione del ct Nick Mallett. Ed è proprio dal ritiro della Nazionale che Benvenuti ci parla.


Domanda doverosa: 19 anni ed esordio in maglia azzurra. Cosa hai provato?
È stata un’emozione fortissima, anche perché non me l’aspettavo. E’ un grande sogno che si avvera. Bellissimo.
Tutti si aspettano molto da te, sei considerato la grande promessa del rugby azzurro. La cosa incomincia un po' a pesarti?
No, perché non penso che sia così. Ci sono tanti altri ragazzi giovani che stanno facendo molto bene. Il rugby per me non è mai uno stress ma passione e divertimento. Per un atleta poi è normale cercare di dare sempre il massimo.
Il prossimo anno ci sono i Mondiali. Qual è il tuo obiettivo personale? Dove pensi che possa arrivare l'Italia?
In questo momento punto soprattutto a rimanere nel giro della Nazionale. Certo, partecipare alla Coppa del Mondo sarebbe una soddisfazione enorme, un’esperienza unica. L’obiettivo è superare il girone eliminatorio e centrare i quarti di finale.
Prima del Mondiale però c’è il Sei Nazioni. Chiudiamo un attimo gli occhi e sogniamo: l’Italia che vince questo torneo con te protagonista. Utopia o un obiettivo concreto? L'età è dalla tua parte...
Beh, non è un risultato che si ottiene dall’oggi al domani. Però ci sono tutti i presupposti perché l’Italia in un prossimo futuro raggiunga risultati sempre migliori e che la nostra squadra possa essere sempre più competitiva. Sono ottimista perché la base si è decisamente allargata, ci sono tanti ragazzini che giocano a rugby e che potranno diventare ottimi giocatori. Se poi quando quel giorno arriverà ci sarò anch’io non lo so. Speriamo…
Molti dei tuoi compagni di club affrontano la Celtic nel pieno della maturità tu invece sei all'inizio della carriera. Che impressione ti ha fatto finora giocare contro squadre non italiane e di livello superiore, pensi davvero che il movimento possa trarne giovamento?
Non posso negare che qualche vantaggio c’è, soprattutto per un giocatore giovane come me. La Celtic è sicuramente un campionato più competitivo e confrontarsi con queste realtà ti abitua a giocare ad alti livelli da subito. In ogni caso si tratta di un'opportunità che vale per tutti i giovani che hanno la fortuna di giocare in questo torneo.
Hai un rito scaramantico? Come ti carichi prima di una partita?
Cerco di entrare in campo per primo anche se tutti i miei compagni sono ancora negli spogliatoi. Lo faccio per concentrarmi e per scaricare la tensione.
Come hai iniziato a giocare a rugby?
Questo sport rappresenta una tradizione nella mia famiglia. Giocare a rugby è stata una cosa naturale. Ho iniziato che ero un bambino, avevo sei anni…
… e non hai più smesso. Quando non corri dietro alla palla ovale come trascorri il tuo tempo libero?
Facendo le cose che fanno tutti i miei coetanei. Ho la fortuna di giocare nella squadra della mia città e appena posso cerco di coltivare le mie amicizie storiche, che durano fin dall’infanzia, e di trascorrere il più tempo possibile con la mia ragazza.
Un tuo mito del rugby?
Jonah Lomu.
E degli altri sport?
Valentino Rossi.
Sei una promessa nella tua disciplina, sei in Nazionale, il tuo club è un top team. Se la palla fosse di cuoio e non ovale a quest’ora saresti ricco e famoso. Invece non è così. A dirla tutta prendi pure un sacco di botte. Chi te lo fa fare?
La passione. È vero che se fossi stato un calciatore a quest’ora, almeno dal punto di vista economico, sarei messo meglio… però per me giocare a rugby è la cosa più naturale del mondo, è il modo migliore che ho per divertirmi. Fa parte di me.
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27 novembre 2010

LA STORIA DELLA SQUADRA GIOVANE STA DIVENTANDO VECCHIA

"Lingua può impiccare uomo più veloce di corda" dicevano i nativi americani. E avevano ragione.  
Soprattutto se la lingua è quella di Josè.

26 novembre 2010

CHI SI RICORDA DI GEORGE BEST?

Sono passati cinque anni da quando il quinto beatle ci ha lasciato. George Best, senza timore di discussioni il più grande giocatore britannico del dopoguerra, moriva il 25 novembre del 2005. Un lustro fa. Dopo una vita di eccessi l’alcool aveva presentato il conto. In Italia però questo anniversario è passato praticamente sotto silenzio. Peccato. In un mondo dove cazzate, polemiche e chiacchiere si sprecano, ricordare chi ha dato lustro al giuoco del calcio alimentandone il mito sarebbe stato un tocco di classe. Come quelli che dispensava Best.

19 novembre 2010

ATTACCO AI CANGURI

«Un passo indietro. Se siamo cresciuti non lo abbiamo fatto vedere». Nelle parole di Alessandro Zanni, terza linea del Benetton Treviso, c'è tutta la delusione della squadra azzurra. A Verona, nel primo dei tre test match autunnali, l'Italia è stata sconfitta 27-16 da un'Argentina tutt'altro che irresisistibile. Ai Pumas, sempre vittoriosi in Italia negli ultimi 12 anni, basta una meta di Rodriguez per rispettare la tradizione.Dopo l'amara sconfitta la parola d'ordine in casa Italia è riscatto. Facile a parole. Peccato però che il prossimo avversario degli azzurri, sabato 20 novembre sarà l'Australia. Un totem della palla ovale. Una di quelle partite in cui, vista la caratura dell'avversario, più che la vittoria si cerca soprattutto di fare bella figura, magari evitando di essere sommersi. Un'operazione ampiamente riuscita nell'ultimo test match. A Padova, due anni fa, gli azzurri sfoderarono una delle loro migliori prestazioni costringendo i Wallabies a sudare più del previsto per conquistare la vittoria. Finì 30-20 per gli australiani ma per il nostro rugby fu un grande successo. A Firenze proveremo a ripeterci anche perché ce li ritroveremo di fronte tra un anno nel girone di Coppa del Mondo.
Il successo invece lo dobbiamo cercare, a tutti i costi, nell'ultima partita di questo ciclo, in programma sabato 27 novembre a Modena contro le Isole Fiji, avversario temibile ma assolutamente alla nostra portata. Li abbiamo già battuti. Anche loro, come tutte le squadre oceaniche che si rispettino si caricano con una danza tribale, la Cibi. Con tutto il rispetto la Haka dei leggendari All Blacks è però tutta un'altra cosa. Non ci faremo impressionare. Non possiamo perderle tutte.
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14 novembre 2010

SEBASTIAN! ED E' GIUSTO COSI'...

Ha vinto Vettel, il pilota più forte, talento puro, il driver del futuro. Hanno vinto le Red Bull, le vetture più continue. Ha vinto chi ha detto di no (rischiando molto) agli ordini di scuderia. Il tutto in un finale di stagione decisamente emozionante con quattro piloti in lizza per il titolo all'ultima gara. Da Abu Dhabi la F1 non poteva avere uno spot migliore. 


Le Ferrari hanno perso? Pazienza.

3 novembre 2010

L'UNITA' D'ITALIA? NEL 2000... ;)

Il Corriere della Sera, in un sondaggio riguardante la presenza di Bella Ciao a Sanremo per celebrare il decimo anniversario dell’Unità d’Italia, ricorda a noi povere capre di sgarbiana memoria che essa si è dunque compiutamente realizzata solo all’alba del nuovo millennio… 





2 novembre 2010

'A LIVELLA




Oggi è il due novembre, giorno dei morti. Impossibile non rispolverare questa poesia del grande Totò che ormai, va riconosciuto, è un classico. Saggia, popolare, a tratti anche divertente ma sempre attuale. Come la morte.


 Ogn'anno,il due novembre,c'é l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.

Ogn'anno,puntualmente,in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch'io ci vado,e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo 'e zi' Vicenza.

St'anno m'é capitato 'navventura...
dopo di aver compiuto il triste omaggio.
Madonna! si ce penzo,e che paura!,
ma po' facette un'anema e curaggio.

'O fatto è chisto,statemi a sentire:
s'avvicinava ll'ora d'à chiusura:
io,tomo tomo,stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.

"Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l'11 maggio del'31"

'O stemma cu 'a curona 'ncoppa a tutto...
...sotto 'na croce fatta 'e lampadine;
tre mazze 'e rose cu 'na lista 'e lutto:
cannele,cannelotte e sei lumine.

Proprio azzeccata 'a tomba 'e stu signore
nce stava 'n 'ata tomba piccerella,
abbandunata,senza manco un fiore;
pe' segno,sulamente 'na crucella.

E ncoppa 'a croce appena se liggeva:
"Esposito Gennaro - netturbino":
guardannola,che ppena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!

Questa è la vita! 'ncapo a me penzavo...
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero maronna s'aspettava
ca pur all'atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero,
s'era ggià fatta quase mezanotte,
e i'rimanette 'nchiuso priggiuniero,
muorto 'e paura...nnanze 'e cannelotte.

Tutto a 'nu tratto,che veco 'a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse 'a parte mia...
Penzaje:stu fatto a me mme pare strano...
Stongo scetato...dormo,o è fantasia?

Ate che fantasia;era 'o Marchese:
c'o' tubbo,'a caramella e c'o' pastrano;
chill'ato apriesso a isso un brutto arnese;
tutto fetente e cu 'nascopa mmano.

E chillo certamente è don Gennaro...
'omuorto puveriello...'o scupatore.
'Int 'a stu fatto i' nun ce veco chiaro:
so' muorte e se ritirano a chest'ora?
   Putevano sta' 'a me quase 'nu palmo,
   quanno 'o Marchese se fermaje 'e botto,
   s'avota e tomo tomo..calmo calmo,
   dicette a don Gennaro:"Giovanotto!

   Da Voi vorrei saper,vile carogna,
   con quale ardire e come avete osato
   di farvi seppellir,per mia vergogna,
   accanto a me che sono blasonato!

   La casta è casta e va,si,rispettata,
   ma Voi perdeste il senso e la misura;
   la Vostra salma andava,si,inumata;
   ma seppellita nella spazzatura!

   Ancora oltre sopportar non posso
  la Vostra vicinanza puzzolente,
  fa d'uopo,quindi,che cerchiate un fosso
  tra i vostri pari,tra la vostra gente"

  "Signor Marchese,nun è colpa mia,
  i'nun v'avesse fatto chistu tuorto;  
  mia moglie è stata a ffa' sta fesseria,
  i' che putevo fa' si ero muorto?

  Si fosse vivo ve farrei cuntento,
  pigliasse 'a casciulella cu 'e qquatt'osse
  e proprio mo,obbj'...'nd'a stu mumento
  mme ne trasesse dinto a n'ata fossa".

  "E cosa aspetti,oh turpe malcreato,
  che l'ira mia raggiunga l'eccedenza?
  Se io non fossi stato un titolato
  avrei già dato piglio alla violenza!"

  "Famme vedé..-piglia sta violenza...
  'A verità,Marché,mme so' scucciato
  'e te senti;e si perdo 'a pacienza,
  mme scordo ca so' muorto e so mazzate!...

  Ma chi te cride d'essere...nu ddio?
  Ccà dinto,'o vvuo capi,ca simmo eguale?...
  ...Muorto si'tu e muorto so' pur'io;
  ognuno comme a 'na'ato é tale e quale".

  "Lurido porco!...Come ti permetti
  paragonarti a me ch'ebbi natali
  illustri,nobilissimi e perfetti,
  da fare invidia a Principi Reali?".

  "Tu qua' Natale...Pasca e Ppifania!!!
  T''o vvuo' mettere 'ncapo...'int'a cervella
  che staje malato ancora e' fantasia?...
  'A morte 'o ssaje ched''e?...è una livella.

  'Nu rre,'nu maggistrato,'nu grand'ommo,
  trasenno stu canciello ha fatt'o punto
  c'ha perzo tutto,'a vita e pure 'o nomme:
  tu nu t'hè fatto ancora chistu cunto?

  Perciò,stamme a ssenti...nun fa''o restivo,
  suppuorteme vicino-che te 'mporta?
  'sti ppagliacciate 'e ffanno sul 'e vive:
  nuje simmo serie...appartenimmo à morte!"

25 ottobre 2010

4.48 PSYCHOSIS


«Non ho nessuna voglia di morire.
Nessun suicida ne ha mai avuta».

Basta questo.


Shhh...


Silenzio

24 ottobre 2010

LA TELEVISIONE SECONDO FIORELLO

«Ormai è il quarto anno che vengo qui. Quando mi date la laurea?». Scherza, ma non troppo, Fiorello. Battuta pronta, sorriso contagioso, sempre pronto a scherzare e a interagire con il pubblico che lo acclama, lo showman siciliano mercoledì 20 ottobre è stato nuovamente ospite dell’Università Cattolica di Milano. E come sempre si è lasciato travolgere dall’affetto dei nostri studenti, che manco a dirlo, hanno gremito l’aula Gemelli per l’incontro promosso dalla facoltà di Scienze LinguisticheCe.R.T.A e moderato dal prof. Aldo Grasso, direttore del Centro e docente di Storia della radio e della televisione.
Il ‘Fiore’ ormai ha 50 anni ma se qualche maligno pensa che i ventenni non rappresentino più il suo pubblico si sbaglia di grosso. A dimostrarlo, se mai c'era stato qualche dubbio, lo show tra i banchi della nostra università. Fiorello lo sa e dopo aver giocato con i fotografi stuzzica la platea con i suoi recenti tormentoni pubblicitari: «Vi sembro un uomo di 50 anni? Suvvia, guardatemi , sono un figo!». Ovazione.
Ma non sono solo risate, battute e imitazioni. In fondo nei suoi cinquant’anni, Fiorello ‘qualcosa’ ha fatto e a buon diritto rivendica di esprimere la sua opinione sulla situazione, non troppo felice a essere onesti, della televisione italiana. «Sia ben chiaro – sottolinea – si tratta di considerazioni mie quindi assolutamente discutibili e soggettive. Che non si venga a dire che ce l’ho con questo o quel personaggio che poi magari è pure un mio amico». Fiorello parla a ruota libera: Rai e Sky, Grande Fratello e X Factor, Belen e Gianni Morandi. E non manca anche qualche punzecchiatura.
 «E’ vero, molti personaggi dello spettacolo, me compreso, non hanno più molta voglia di rischiare, di mettersi in discussione. Abbiamo indovinato un programma e ci piace lasciare il ricordo di un successo. Siamo un po’ vigliacchetti. Però è anche vero che spesso vengono a mancare gli stimoli anche perché c’è chi non vede l’ora di massacrarti. Si guardi per esempio quel che è successo al mio show su Sky. Era un tentativo, ho provato a cambiare il modo di fare un varietà. Mi hanno subito stroncato con gli ascolti (che tra l'altro hanno raggiunto la punta più alta mai toccata dalla rete, partite escluse) senza considerare che il bacino di audience della tv satellitare non può essere paragonato a quello della tv generalista. Anche in quel settore – prosegue lo showman – ce ne sarebbero di cose da dire. Avevo voglia di proporre alla Rai un certo tipo di programma ma fiutando l’aria che tirava ho subito rinunciato. Va bene c'è la crisi ma bisogna capire che per fare un varietà ben riuscito ci vogliono soldi. Tanti soldi. Gli ospiti internazionali costano, tra l’altro molto meno negli ultimi tempi, così come costano i ballerini, gli scenografi, i costumisti, le prove…».
«Spesso diamo la colpa della scarsa qualità dei programmi televisivi all'ossessione degli ascolti. Un'accusa che condivido ma fino a un certo punto. La colpa di questa situazione però è anche del pubblico. Se programmi come Ballando con le stelle o il Grande Fratellofunzionano e fanno ottimi ascolti chi glielo fa fare agli autori di cambiare? Nel mondo della tv c'è questa regola non scritta: se hai un programma che va bene, tienitelo stretto. Non modificare assolutamente il format. Vi basti sapere – spiega - che durante le riunioni con gli autori si cerca sempre il punto della trasmissione dove si è verificato il picco di ascolti per poi replicare ciò che è andato in onda in quel momento anche se magari si tratta di cose bruttissime». Un meccanismo ormai consolidato che, come spiega il prof. Grasso, è stato definito 'metodo Boncompagni' dal nome del celebre regista che per primo l'ha adottato.
«C’è poi una cosa che va chiarita. Il sabato sera davanti alla televisione voi – dice Fiorello indicando gli studenti – non ci siete più. Ci sono sempre gli stessi 6 milioni di telespettatori. Da anni. Il resto del pubblico guarda altro. YouTube per esempio. Qualche sera fa mi sono messo a guardare gli sketch di Jerry Lewis e di Eddie Murphy quando faceva ancora il cabarettista. Splendidi. Ecco, se volete vedere un comico ‘serio’ guardatevi Jerry Lewis…».
L’incontro scivola via velocemente, il tempo passa e arriva presto l’ora dei saluti con Fiorello che si guadagna l’ultima entusiasta standing ovation con la battuta che è ormai diventata una tradizione dei suoi incontri in Cattolica. «Ora tutti a pranzo, offre il rettore!».

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28 agosto 2010

KAMIKAZE DA SERIE A


Il primo fu Kazu Miura e non fu un successo. Poi vennero Nakata e Nakamura e fu decisamente un'altra storia. In mezzo un manipolo di (presunti) samurai che non hanno lasciato traccia. La storia dei calciatori del Sol Levante in serie A comincia nell'estate del 1994 quando il Genoa decise di ingaggiare Kazuyoshi Miura. Per la prima volta un giocatore giapponese giocherà in una squadra europea. Media e sponsor si scatenano, molti, scettici, storcono il naso: «E' solo un'operazione commerciale». Non avranno torto. Kazu, (sopra)nomen omen, a Marassi dura poco. Ventuno presenze e una sola rete, pesantissima però, perché segnata alla Sampdoria nel derby. Il Grifone retrocederà ma quel gol ancora oggi è motivo di sfottò. Miura, che a 43 anni suonati gioca ancora, a suo modo è un pioniere. Dopo di lui i giocatori con gli occhi a mandorla non saranno più una stranezza per il mondo del calcio. 


Soprattutto dopo l'avvento del più forte di tutti: Hidetoshi Nakata. Lo porta in Italia, a Perugia, il vulcanico Luciano Gaucci. Altra operazione commerciale si mormora. La storia dirà ben altro. In Umbria 'Hide' colleziona 47 presenze e 12 gol. E' un giocatore vero che segna e fa segnare. E che ha mercato. Lo prende la Roma che proprio a lui deve una buona fetta dello scudetto del 2001. A Torino, nel match decisivo con la Juventus, i giallorossi sono sotto di due gol, Totti non ne azzecca una che fosse una. Capello non si fa scrupoli e manda in campo 'Hide' che prima segna con una sassata da fuori area poi con un'altra sventola propizia il pari, in pieno recupero, di Montella. Dopo quella sera per i romanisti Nakata è lo Shogun. Giocherà anche con Parma (dove vince la Coppa Italia) Bologna e Fiorentina prima di dare l'addio al calcio a soli 29 anni. Molti dopo il ritiro si riciclano commentatori e dirigenti, lui no. Si mette lo zaino in spalla e comincia a girare il globo: «Volevo conoscere il nostro pianeta da una prospettiva diversa – spiegò – finora del mondo ho visto solo alberghi e campi di calcio». Saggezza orientale. 


Non male andò Shunsuke Nakamura, specialista in punizioni, 81 presenze e 11 gol in A con la maglia della Reggina. Passato al Celtic a lui toccò l'onore di essere il primo giapponese a segnare in Champions League. A Old Trafford, contro il Manchester United. Mica male. Dopo di loro il nulla, o quasi. Zamparini a Venezia ci provò con tale Nanami ma fu un fiasco, Oguro fu l'ennesimo straniero pacco del malinconico Toro di questo decennio mentre il Messina prima di implodere dai debiti provò i quasi omonimi Ogasawara e Yanagisawa (per lui anche un'esperienza alla Samp). Due gol in quattro. Pochino. A dare una nuova alba a un Sol Levante sempre più pallido ci ha pensato un giovanotto irriverente, un kamikaze verrebbe da dire, Takayuki Morimoto. Lo compra il Catania e lui all'esordio assoluto va in gol. Non segna a raffica ma la butta dentro spesso e volentieri. I tifosi etnei lo adottano, lo ribattezzano "Maremoto" e lui si fa voler bene, mette la sua firma nello storico 4-0 contro il Palermo e continua a segnare, vittima preferita la Roma. E ha solo 22 anni. Da quest'anno non è più l'unico samurai della serie A. Lo ha raggiunto Yuto Nagatomo, difensore, neoacquisto del Cesena. Dovrà stare attento e darsi da fare altrimenti...sayonara!

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23 agosto 2010

'IR CACCIUCCO # 1

Pronti, via e subito quattro pere dalle piastrelle neroverdi. Come esordio, peraltro in casa, 'un c'è male. Sfolliando le pagine der forum amaranto più seguito der webbe, Alè Livorno.it, come al solito, la rabbia e l'amarezza (perché questi sono i sentimenti che da oltre dieci mesi ci appartengono) sono state mitigate dal sorriso che solo l'ironia propria della nostra gente sa dare. Non ho resistito e ho deciso di condividere su feisbucche ir meglio degli 'opinion lidèr' labronici...

Le quattro piastrellate...

  • Piglià 4 go da Arrigoni che un l'ha mai fatti tutti insieme è roba da caate sull'uscio.[Sarago]
  • Queste 'un sono sconfitte, sono scaracchi dati a forza ner muso. [Neuromante]
Undici leoni...

  • Tavano 'un ne pole più. Noi con lui. [De ' Zabajones]
  • Knezevic li par d'esse un gioatore di pallone invece dovrebbe fa li sgomberi, Cellerino è du anni che è fermo, Pieri è Pieri. [Farci85]
  • Questo centrocampo pare una sfilata di nani da giardino. il fronte di liberazione dei nani da giardino prima o poi farà un bliz e li libererà.[De Zabajones]
  • ...l'importante è sempre stato accatastà svincolati o cani randagi tanto per arrivà a avecci un numero tot di gio'atori in rosa, a prescinde da chi e cosa ti servisse, con una certa predilezione per i difensori centrali e i centro'ampisti incontristi coi piedi a roncola.[Livornesedipiazzamagenta]
'Ir lato B di Cellerino

  • C'ha un culo pare la mi socera, improponibile per il giuoco del calcio. [Vasse]
  • 'Ir culo di Cellerino se ci metti un ombrellone ner bu'o pare uno scoglio un po' tondo di quelli a Quercianella sotto le sore. [De ' Zabajones]
Mister Feirplei

  • Ma in du' mesi di ritiro cosa ha fatto questa squadra? Sono stati du' mesi a fa i tornei di quadrigliato? [Vasse]
  • Pillon voto: 00 tipo la farina [Jagger]
Ambizioni
- Vinceremo il campionato del fair play... [Picat Re]
- Ci fai la birra cor fler pei.... [Amex]

L'amara (e dolce) realtà

  • ...però non sappiamo resistere al fascino della maglia amaranto e allora eccoci tutti qui a cercare di vedere in PIllon un nuovo Hiddink e in Luci e Parravicini Robben e Sneijder. [Nocciolo]

19 maggio 2010

IL MISTER, EDUCATORE IN PANCHINA

L’ultimo in ordine di tempo si chiama Mario Balotelli. Prima di lui c’era stato Antonio Cassano. L’elenco dei calciatori talentuosi, spesso molto giovani, ma allergici alle regole è davvero lungo. Un luogo comune romantico ma dove il lieto fine è tutt’altro che scontato. Qualche esempio? Paul ‘Gazza’  Gascoigne, tanti numeri col pallone tra i piedi ma, purtroppo, anche con la bottiglia o Adriano, ultimo caso di carriera gettata al vento dopo una lunga serie di eccessi tra donne, festini, alcool e rapporti pericolosi con i boss delle favelas di Rio.


Alla luce di quanto la storia calcistica insegna un ruolo fondamentale, soprattutto per i giovani calciatori all’inizio della carriera, è quello dell’allenatore. Un tecnico certo, ma soprattutto un educatore. Ed è proprio questo secondo aspetto una delle linee guida del corso di formazione, presentato lo scorso 5 maggio, “Il ruolo dell’allenatore di settore giovanile di calcio tra competenze pedagogiche e tecniche” promosso dalla facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica in collaborazione con il settore giovanile del Milan e della Commissione Sport della Diocesi di Milano. (…) Alla tavola rotonda hanno partecipato anche due personaggi di spicco del mondo del calcio come Stefano Eranio, ex calciatore di Genoa e Milan e Davide Ballardini che dopo aver maturato una lunga esperienza come tecnico di squadre giovanili e aver fatto la gavetta come tecnico di prima squadra (alla guida di Sambenedettese e Pescara) è approdato in serie A sedendo sulle panchine di Cagliari, Palermo e Lazio.


Ho ricevuto, e continuo a ricevere, molto dai miei giocatori. Qualche giorno fa – ha raccontato con un pizzico di commozione Ballardini - ero a cena con alcuni ragazzi che allenavo quando ero il tecnico delle giovanili del Cesena. Non hanno fatto carriera nel mondo del calcio ora sono avvocati, giornalisti…ma per me sono soprattutto degli amici. Vieni ricordato come persona, smetti di essere il loro allenatore è vero, ma resta il sentimento di amicizia, di rispetto, ti vogliono bene. Questi ragazzi magari non hanno fatto carriera - ha concluso – ma per loro rappresento un momento importante della loro crescita come del resto loro rappresentano un momento importante della mia. La soddisfazione dell’istruttore è questa».


GUARDA LE INTERVISTE VIDEO A ERANIO  E BALLARDINI


Eranio ha voluto invece ricordare come la sua carriera calcistica sia nata in strada: «Giocavo soprattutto con mio fratello maggiore. I nostri genitori non ci permettevano di fare tutto, entrambi lavoravano, i soldi non erano tanti e il pallone era il massimo divertimento che potevamo permetterci per giocare. I miei mi ‘affidavano’ a lui e di conseguenza passavo molto tempo a giocare con i suoi amici. E, ovviamente, ero il più piccolo. Una cosa che mi è tornata utile in seguito - svela- perché mi sono abituato a giocare con avversari più grandi, soprattutto fisicamente. Quando feci il provino per il Genoa, mi trovai di fronte ragazzi piccoli come me, fu tutto molto semplice». Eranio, che al termine dell’esperienza in maglia rossonera ha giocato anche in Inghilterra, nel Derby County, ha anche sottolineato le differenza, per quanto riguarda la cultura sportiva, fra il nostro paese e il Regno Unito: «Loro vedono lo sport nella maniera giusta, come piace a me. Non ti fanno i conti in tasca. In Italia c’è la brutta abitudine che dato che un giocatore prende un sacco di soldi, non può permettersi di sbagliare, di ‘ciccare’ un pallone o di fare male uno stop».


Alla presentazione del corso sono intervenute, attraverso due rappresentanti del settore giovanile, anche le due società milanesi, l’Inter e il Milan. Per la squadra nerazzurra ha parlato il coordinatore tecnico delle scuole calcio Manuel Amoroso: « Il nostro obiettivo – ha spiegato - è quello di educare ai valori dello sport. I nostri bambini devono innanzitutto divertirsi. Se poi, tra di loro, c’è qualcuno da inserire nelle nostre squadre giovanili tanto meglio. Ma non è questa la nostra missione. Il problema è che non si gioca più a pallone per le strade e negli oratori si gioca sempre di meno. Sotto casa mia c’era un parco, ora è diventato un parcheggio...». 


Il Milan era invece rappresentato da Fabio Grassi, psicologo del settore giovanile per quel che riguarda le attività di base: « Per spiegare la nostra filosofia educativa vorrei raccontare un episodio che ritengo molto significativo. Qualche tempo fa in squadra avevamo un ragazzino che aveva dei grossi problemi di inserimento. Appena scendeva dall'auto con cui la madre lo accompagnava piangeva e non voleva entrare al centro di allenamento. Lo abbiamo preso sotto la nostra ala e gradualmente abbiamo cercato di integrarlo con i compagni. Prima una corsetta da solo in campo, poi una decina di minuti di allenamento con gli altri. Ora è perfettamente inserito. A noi – ha concluso - non ce ne frega niente se questo bambino diventerà o no un calciatore professionista. Il fatto che abbia superato i suoi problemi è per noi la vittoria più bella». 


A concludere la riflessione di don Alessio Albertini, segretario della Commissione Diocesana Sport di Milano nonché fratello del celebre Demetrio, ex centrocampista del Milan e della Nazionale attualmente vice-presidente della Federcalcio («ma non dimenticate che io sono il maggiore – ha scherzato don Alessio ricordando l’analoga storia di Eranio - lui ha cominciato a giocare perché lo portavo con me…»). «Nella realtà quotidiana, come nello sport, i risultati si raggiungono facendo fatica. Certo, ci sono delle scorciatoie, che oltre ad essere sleali sono anche rischiose perché se vieni scoperto il conto da pagare è salato. Nella società del tutto e subito e possibilmente facile – ha concluso - una figura che ti ricorda che in campo si suda per raggiungere un obiettivo e che sarà sempre così, che non ti regala niente nessuno, rappresenta un insegnamento grande non solo per lo sport ma soprattutto per la vita».

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